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Di frequenza di rimbalzo ho parlato più volte in questo blog, per spiegare nel dettaglio cos'è, perché vale la pena leggere il dato e in che modo, comparandola ad esempio con il numero medio di visualizzazioni di pagina per sessione possiamo imparare delle cose sulla qualità dei nostri contenuti e sul perché i nostri visitatori assumono alcuni comportamenti.
Oggi vorrei andare un po' oltre, spingendo i miei lettori in un territorio poco esplorato (ma molto divertente), e sicuramente sconosciuto per chi ha un approccio "amatoriale" alla web analytics: quello dell'analisi comportamentale (no, Criminal Minds non c'entra) e della profilazione dei visitatori del nostro sito web (no, ti ho già detto che Criminal Minds non c'entra!).
Frequenza di rimbalzo: dal rimbalzo ai rimbalzanti
Quello che ti propongo, in sostanza, è di passare dall'analisi del bounce rate all'analisi, ben più proficua per certi aspetti, di chi effettivamente rimbalza: di quelli che io chiamo (impropriamente e scherzosamente, come potrai capire) i Mr Bounce, o rimbalzanti.

Nel marketing, si sa, noi utilizziamo, allo scopo di figurarci determinati comportamenti, le così dette marketing personas. Adottiamo allora ancora una volta questo procedimento, e facciamo conoscenza con il nostro Mr Bounce.
Come facciamo?
In astratto, sia detto una volta per tutte, le marketing personas non hanno alcun senso. Prendiamo allora spunto da dati reali (quelli tratti dal sito di un mio inconsapevole cliente, che da questo punto di vista è particolarmente interessante) per effettuare la nostra analisi attraverso un vero Case Study che, sono certo, interesserà anche te.
Primo passo: isolare Mr Bounce
Naturalmente, il primo passo da effettuare per la nostra analisi sarà quello di trovare e isolare dal resto del traffico il nostro Mr Bounce.
Il modo migliore per isolare un comportamento o una sequenza di comportamenti che caratterizzano dei gruppi omogenei di sessioni è ovviamente quello di ricorrere ai segmenti. Nel nostro caso, rendiamo le cose più semplici ricorrendo ad un unico indicatore per clusterizzare l'intera categoria dei rimbalzanti, creando un segmento apposito.
Il segmento in questione, come vediamo, molto semplice da realizzare, e del tutto universale: esso isola infatti, fra tutte le sessioni, solo quelle che hanno il valore della metrica Rimbalzi diverso da zero (leggi: che hanno bounce = true).
Fatto questo, avremo compiuto il primo passo: isolare le sessioni che riguardano il nostro Mr Bounce in un unico segmento.
Secondo passo: conoscere Mr Bounce. Il profilo legato alla frequenza di rimbalzo
Come abbiamo visto, la caratterizzazione di Mr Bounce, del pubblico responsabile di una elevata frequenza di rimbalzo, avviene necessariamente in negativo: corrisponde alla totalità delle sessioni che, indipendentemente da canali e dispositivi di accesso, si concludono senza aver effettuato alcuna azione rilevante, che sia la risposta a una call to action, un approfondimento, una procedura di registrazione, un cambio di pagina.
Una prima analisi del profilo del nostro Mr Bounce dovrà ovviamente riguardare gli aspetti socio-demografici. In Google Analytics reperiremo con facilità queste informazioni nei report della famiglia Pubblico.
Una semplice esportazione dei dati ci consentirà facilmente di avere un'analisi dettagliata delle caratteristiche socio-demografiche del nostro campione, per vedere se si discosta radicalmente dalla media del pubblico che compone gli utenti del nostro sito.
Come si vede, nel nostro caso Mr Bounce rispetta pienamente il profilo medio dell'età dei visitatori del sito web che stiamo analizzando. Lo stesso scopriremmo, nel nostro caso, anche guardando i profili di abitudini di acquisto o di interesse dei nostri utenti.
Insomma, il motivo del rimbalzo del nostro Mr Bounce, nel caso specifico che stiamo analizzando, non è certo da ricercarsi in errori nella targetizzazione delle nostre attività di advertising o di social media marketing, ad esempio.
Oltre che dal punto di vista socio-demografico, questi utenti sono interessanti da valutare in ragione di due fattori che potrebbero rappresentare altrettanti motivi di bounce: il dispositivo utilizzato, e il canale di accesso.
Il canale di acquisizione, in particolare, diventa un fattore determinante nella analisi della distribuzione di questi utenti, poiché consente di valutare l’efficacia relativa di alcuni strumenti di acquisizione messi in campo al fine di portare sul sito più traffico in grado di costituire un valore aggiunto a livello economico.
Lavoriamo allora sull'aspetto dei canali di accesso. Per farlo, ovviamente, dovremo lavorare sul report Acquisizione > Canali, e verificare se la distribuzione della frequenza di rimbalzo è tale da suggerirci delle problematiche specifiche.
Con un'avvertenza: che ovviamente dovremo analizzare la frequenza di rimbalzo su ogni canale in ragione della specifica natura del sito web che stiamo analizzando - in questo caso, un e-commerce. È chiaro, infatti, che in un blog troveremo probabilmente una frequenza di rimbalzo più elevata rispetto a un e-commerce, così come è chiaro che troveremo sempre una frequenza di rimbalzo maggiore sui canali a pagamento rispetto ai canali organici.
Non ci stupiremo quindi di queste relazioni, a meno che non vedremo delle anomalie particolarmente interessanti che valga la pena approfondire.
Come al solito, consiglio sempre di lavorare sui dati, uscendo momentaneamente dall'interfaccia di Google Analytics per servirci di strumenti - quali ad esempio i fogli di calcolo - in grado di darci risposte più chiare anche a colpo d'occhio, per così dire.
Proviamo allora ad elaborare un semplice grafico che metta in relazione per ogni canale il numero di sessioni totali con quelle di rimbalzo.
Il grafico è stato costruito in modo da canalizzare il traffico delle fonti di Social Media Advertising lungo un canale specifico, che ho chiamato Advertising.
Il risultato mi pare evidente.
Non solo scopriamo che il nostro sito affida a canali non organici gran parte del proprio traffico web, ma vediamo subito che, tra tutti i canali, la rete Display è quella che è maggiormente afflitta da un bounce rate elevato, seguita dal canale del Social Media Advertising.
Ricerca a pagamento e ricerca organica condividono più o meno le stesse caratteristiche dal punto di vista della frequenza di rimbalzo, mentre il canale Social organico vede una frequenza di rimbalzo al di sopra del 50%, ma probabilmente ancora non elevatissima.
Insomma, ci stiamo man mano chiarendo le idee, vero? Abbiamo capito che il nostro Mr Bounce ha un'età media tra i 25 e i 45 anni, e che i suoi interessi (che siamo ovviamente in grado di ricostruire allo stesso modo in cui abbiamo costruito il profilo anagrafico) sono coincidenti con quelli del nostro target.
Sappiamo, inoltre, che egli risponde positivamente alla nostra pubblicità (il che vuol dire che può essere interessato alla categoria di prodotto che viene trattato dal nostro sito), ma evidentemente trova qualche intoppo che lo spinge immediatamente a tornare indietro, senza effettuare alcuna azione sulle nostre pagine web.
Approfondiamo la conoscenza di Mr Bounce
Alzi la mano chi non ha immediatamente pensato - come me del resto, almeno inizialmente - a un caso di cattiva comunicazione. Si sbaglia l'advertising, il potenziale cliente clicca e, subito deluso, rimbalza.
Sappiamo bene, però, che il bravo analista di marketing è quello che non si ferma alle prime conclusioni, ma cerca di verificarne il fondamento.
Una prima domanda infatti è: se il profilo socio-demografico e quello delle abitudini d'acquisto di Mr Bounce coincidono più o meno esattamente con quelli del nostro pubblico medio, come è possibile che non ci sia una distribuzione omogenea del bounce rate su tutti i canali?
Lo abbiamo detto: i canali a pagamento hanno in media frequenze di rimbalzo più elevate rispetto al pubblico spontaneo, ma qui la differenza è talmente notevole che non può non far pensare a qualcosa d'altro.
Creiamoci allora degli strati di analisi ulteriore, e vediamo in che modo sia possibile isolare dei tratti distintivi di Mr Bounce che non siano condivisi dal resto del suo pubblico.
Lo scopo dell'analisi sarà, evidentemente, quello di verificare se esistano somiglianze forti tra due metriche, tali da poter far pensare a una correlazione diretta.
Una di queste metriche sarà, naturalmente, il dispositivo utilizzato per l'accesso al sito. Mettiamo allora insieme i dati, e vediamo che succede:
Cosa viene fuori?
Viene fuori, evidentemente, che c'è del marcio in Danimarca - laddove la patria di Amleto coincide in questo caso con i dispositivi mobile. Le curve corrono infatti insieme proprio per i canali a pagamento e per quelli di minor purchase intent (social media in primis) e fanno pensare che l'accoppiata advertising e mobile possa nel nostro caso essere poco favorevole.
Come faremo a capire a questo punto se il nostro problema sia da ricercarsi nel mobile, e non in un annuncio sbagliato (essendo il target, come abbiamo detto, corretto in tutti i casi)?
Semplice: basterà verificare se all'interno dello stesso canale ci sono differenze importanti nella frequenza di rimbalzo in funzione del dispositivo utilizzato dall'utente. Prendiamo, ad esempio, il canale Facebook Advertising e vediamo che succede, magari confrontando i dati con un canale sicuramente più performante: quello della ricerca organica.
Il grafico qui sopra mette a confronto la frequenza di rimbalzo sui due canali da noi esaminati in relazione al dispositivo utilizzato.
Come si vede facilmente, i sospetti iniziali sono confermati: il dispositivo mobile è senza dubbio un moltiplicatore della propensione degli utenti del nostro sito web ad abbandonare immediatamente la landing page da loro visitata senza compiere nessun'altra azione.
Insomma, c'è evidentemente un po' di lavoro da fare per rendere più performante il sito su mobile, e soprattutto c'è, nell'immediato, del lavoro da fare a livello di strategia di advertising per lavorare soprattutto su un pubblico desktop.
La frequenza di rimbalzo rivelata: abbiamo il profilo di Mr Bounce
Il primo profilo che possiamo tracciare del nostro Mr Bounce - dell'utente che tipicamente rimbalza dal nostro sito non appena entrato - è a questo punto molto chiaro.
Si tratta di un utente ancora in una posizione piuttosto alta nel nostro funnel di conversione, che ha un medio interesse per le proposte commerciali del sito ed è probabilmente interessato a saperne di più, ma che trova nella scarsa resa del sito su dispositivi mobile un motivo per rivolgere subito altrove la propria attenzione.
E adesso?
Adesso, naturalmente, rimarranno tre cose da fare.
La prima è provare subito a falsificare questa prima analisi - così come da sempre vuole il metodo scientifico moderno.
La seconda sarà invece quella di prendere decisioni coerenti con quanto sembrerebbe dimostrato - ad esempio, provando a vedere se mediante una redistribuzione dei budget promozionali si riesca a selezionare con più attenzione il proprio target, in modo da aumentare le probabilità di creare engagement e brand awareness lungo i canali predisposti a questo scopo.
La terza, infine - di medio periodo - sarà quella di lavorare sull'usability, in modo da rendere più semplice la vita al nostro Mr Bounce e far sì che diventi, a poco a poco, il nostro Mr Customer.
PS: Sì, che ci crediate o no, io mi diverto davvero così...
Io ti credo: c’ero, con te lavoro, sei i miei 100 occhi e con te sono al sicuro!
GRANDIOSO FABIO!!!
Articolo molto interessante! Un’analisi di questo tipo è davvero efficace per scoprire, come abbiamo visto, i punti deboli del sito/della campagna pubblicitaria o di altro ancora.