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C'era una volta (e forse c'è ancora) un detto che recitava: "Chi cerca, trova".
O, in altre parole (più attuali, e sicuramente più interessanti per noi): "Se un utente cerca qualcosa sul web, prima o poi finirà per trovarla".
Tutto vero, ovviamente, grazie a Google. Oggi non c'è cosa che non si riesca a trovare sul web, a patto di sapere come cercarla. Il nostro compito (nostro, come esperti di web marketing) è far sì che i contenuti dei nostri clienti vengano trovati per primi, quando ci sono parole chiave pertinenti con i nostri contenuti. Per fare questo, esiste addirittura una disciplina tecnica specifica, chiamata SEO (o Search Engine Optimization) il cui compito specifico è proprio quello di facilitare questa operazione.
La SEO è una disciplina matura, si sa. Fa sì che i contenuti associati a determinate stringhe di ricerca degli utenti vengano resi immediatamente disponibili e privilegiati - per così dire - rispetto a quelli dei competitor nella dura battaglia per la conquista di un posto al sole nella SERP, ossia nella pagina dei risultati delle ricerche.
Tuttavia, esiste (o dovrebbe esistere) anche un'altra SEO: quella relativa all'ottimizzazione dei contenuti rispetto alle ricerche degli utenti sul nostro sito web.
Sì, perché - vedi - le cose non sempre coincidono.
Il motivo è semplice: è che ci sono siti web talmente forti dal punto di vista dell'immagine di brand e talmente ricchi di contenuti editoriali da non avere bisogno solamente di una SEO relativa al posizionamento sulla SERP di Google, ma anche di una SEO specifica per il loro motore di ricerca interno.
L'analisi delle ricerche interne con Google Analytics
Quella delle ricerche interne a un sito web è forse l'analisi più trascurata del mondo.
Non solo perché a volte può essere complicato valutarla correttamente, ma anche perché nella maggior parte dei siti di questo mondo, la mole di ricerche è talmente trascurabile da non essere eligibile come terreno di analisi. Insomma, accade spesso che ci dimentichiamo persino che esiste la possibilità di valutare quali sono le stringhe ricercate dagli utenti sul nostro sito web, e trascuriamo così la possibilità di acquisire informazioni importanti sulla qualità delle risposte che riusciamo a fornire loro.
Verificare la mole complessiva di sessioni che comprendono una ricerca è semplicissimo, in verità: basta andare nella famiglia di report dedicata al comportamento degli utenti e cliccare su Ricerca su sito > Panoramica.
Ci si troverà davanti a un report strutturato in questo modo:
Cosa vogliono dire questi numeri?
Anzitutto, che le sessioni in cui è avvenuta la ricerca (1177 in totale, nel sito che stiamo prendendo in esame) sono state complessivamente il 3,57% - una percentuale in genere raggiunta in un e-commerce, o comunque in un sito molto ricco di contenuti editoriali di immediata utilità per gli utenti. 1775 è stato invece il numero di ricerche effettuate dagli utenti nel corso delle sessioni in cui è avvenuta una ricerca.
Trascuro per un momento la percentuale di uscite dalla ricerca, perché ci tornerò tra poco.
Le altre metriche sono invece un po' meno scontate, per cui vediamole subito più in dettaglio:
Visualizzazioni di pagina dei risultati/ricerca
Esprime il numero medio di volte in cui i visitatori hanno visualizzato una pagina di risultati delle ricerche
% perfezionamenti di ricerca
Indica la percentuale di ricerche che sono andate oltre una prima istanza, per essere ulteriormente perfezionate all'interno della stessa sessione mediante delle ricerche ulteriori. Chi ha perfezionato la ricerca, normalmente non è riuscito a trovare quel che cercava la prima volta e non si è dato per vinto, oppure semplicemente ha cercato due cose diverse nella stessa sessione.
Tempo dopo la ricerca
Questo è un dato particolarmente interessante. Indica il tempo medio trascorso dagli utenti sul nostro sito dopo aver ottenuto i risultati di una ricerca. Più è basso, più probabilmente non siamo stati convincenti nel mantenere quanto promesso nei risultati della ricerca.
Profondità della ricerca media
Indica infine il numero di pagine visualizzate dagli utenti dopo aver effettuato la ricerca e ottenuto i risultati.
I termini di ricerca
Ovviamente, Google Analytics non si ferma qui, ma è in grado di fornirci, in questo e in altri report, tutto il dettaglio che vogliamo in relazione ai termini più ricercati, alla conversione e - per gli e-commerce - persino alla qualità e alla purchase intention degli utenti che effettuano ricerche contro quelli che non la effettuano.
L'analisi dei singoli termini di ricerca, in particolare, riesce facilmente a renderci conto di quali siano in sostanza la aspettative di chi entra nel nostro sito web. Quello che non ci dice, però, è quanto siamo stati bravi a soddisfare queste aspettative e a rispondere in modo adeguato alle richieste dei nostri utenti e potenziali clienti.
Certo, il dato cumulativo delle conversioni ci viene in questo caso in aiuto - poiché mette in relazione, in generale, le sessioni con ricerca con scontrino medio (o valore medio della conversione) e tasso di conversione all'obiettivo. Ma siamo sicuri che non ci siano aspettative degli utenti completamente non soddisfatte - ossia, che non ci siano sul nostro sito termini molto ricercati, per i quali non riusciamo del tutto a rispondere in modo adeguato?
L'analisi delle ricerche degli utenti e il fattore exit rate
Il miglior modo per rispondere a questa domanda è quella di rivolgersi alla analisi di performance delle singole ricerche, andando a dare un'occhiata al report Comportamento > Ricerca sul sito > Termini di ricerca. Qui infatti troviamo una metrica che può avere qualche senso analizzare nelle sintesi generali, ma che diventa essenziale in questo caso specifico: la percentuale di uscita dopo una ricerca.
Cosa indica questa metrica? Indica, essenzialmente, la quantità - espressa in termini percentuali - di ricerche che si sono concluse con un nulla di fatto. Insomma, se vogliamo metterla in termini diversi, la percentuale di insoddisfazione dei nostri utenti di fronte ai risultati delle loro ricerche.
Vista in termini cumulativi, lo dicevo, questa grandezza ha secondo me un valore poco significativo. Se però la andiamo a vedere in un report di dettaglio, ci renderemo conto sicuramente del suo valore.
In questo esempio, appare evidente come ci sono termini più problematici di altri, cui il sito non riesce a dare risposta semplicemente perché non ce l'ha (e allora forse è il caso di darla) o perché la risposta c'è, ma non è posizionata correttamente - e allora diventa un problema di SEO interna, che quasi sicuramente è anche un problema di SEO su Google.
La questione non è marginale, ovviamente, se consideriamo che in generale (sì, anche sul tuo sito) le sessioni con ricerca sono quelle con la massima Purchase Intention, in cui il completamento dell'obiettivo è più prossimo che mai.
Insomma, se spendi già centinaia o addirittura migliaia di euro per mantenere il più alto possibile il tuo posizionamento nella SERP, non trascurare l'aspetto della ricerca interna: può diventare una fonte di conversione primaria per il tuo business.