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Interruption marketing: ci abbiamo davvero rinunciato?

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Interruption marketing e content marketing sono, almeno in apparenza, come il diavolo e l'acqua santa: irrimediabilmente opposti, completamente alieni l'uno all'altro.
Il motivo è semplice: laddove il mantra fondamentale del content marketing consiste nel far sì che i tuoi clienti vengano da te grazie alla qualità dei tuoi contenuti e alla forte immagine di autorevolezza che essi ti consentono di costruire attorno alla tua azienda, il così detto interruption marketing lavora sull'effetto opposto: è un cazzotto nell'occhio del lettore (o ascoltatore), che si ritrova quasi senza preavviso e in forma qualche volta aggressiva un messaggio promozionale che a volte nulla ha a che fare con quanto sta in quel momento leggendo, guardando o ascoltando.
Insomma, interruption marketing è lo spot televisivo che si insinua nella pausa del tuo telefilm preferito, la pagina pubblicitaria che divide due metà di un articolo sulla tua rivista, il banner promozionale su una pagina web: è un marketing unidirezionale, immediato, che trova nella ripetizione e nella forza dei numeri (anche a livello di investimento di budget) la sua ragion d'essere.
Il Permission Marketing - e il content marketing tra esso - al contrario, è una tattica inbound e più soft, dedicata a guadagnare l'interesse delle persone in modo naturale ed organico, a stabilire conversazioni con loro, a somministrare valore nel medio e lungo periodo.

il permission marketing è il privilegio (non il diritto) di inviare messaggi pertinenti e personali a delle persone che vogliono effettivamente riceverli.

Là dove c'è la forza della ripetizione, qui c'è la forza dell'originalità; là dove c'è l'immediatezza del messaggio, qui c'è una visione tesa a creare rapporti di lunga durata e stabilire attraverso di essi la comunicazione commerciale.

Interruption e permission marketing: strade alternative?

A dirla così, sembrerebbe quasi che si tratti di due strade alternative, senza compromessi: cane e gatto, diavolo e acquasanta, bene e male.
La tendenza attuale, quella del marketing moderno, nuovo, bello e giovane passa per il content marketing e per il permission marketing: blog, organizzazione di eventi e di convegni, social media, webinar... Strumenti tutti potentissimi, di cui leggi continuamente anche in questo stesso blog, che costituiscono la strada maestra per la costruzione di una brand authority e di una brand trust che forse in nessun altro modo si riuscirebbe a conseguire.
Il problema, diciamocelo, è che nella maggior parte delle attività industriali e legate alla produzione di beni materiali e servizi - tutto l'universo che si trova al di fuori della bolla dorata del web, che produce beni e servizi che non rientrano nel mondo digitale - la strada è tutta in salita.
Intendiamoci: non dico che non debba essere percorsa, tutt'altro!
Dico però che nella lunga fase intermedia che separa la nascita di un progetto di permission marketing al suo successo, il ricorso all'interruption marketing sia necessario, e lo sia non come alternativa, ma come piena integrazione. Insomma, il nostro piano di marketing - sia esso di content marketing, di event marketing, di email marketing, di social media marketing - difficilmente potrà andare in porto se non è supportato da una strategia di interruption marketing che sola potrà, in moltissimi casi, consentire lo sviluppo nel lungo periodo del permission marketing e determinarne il successo e il conseguimento degli obiettivi per cui è stato realizzato.

Quale interruption per il permission marketing

Come fare dell'interruption marketing che sia di supporto e di aiuto al tuo permission marketing?
Mi è già capitato altrove di affrontare il tema della sinergia tra content marketing e interruption marketing parlando del content retargeting.  In quel caso, per la verità, la logica era contraria: mediante un'attività di content marketing fortemente orientata al coinvolgimento e all'engagement, si arrivava a stabilire una strategia di remarketing che andava a puntare come target proprio le persone coinvolte ai fini di fare attività di lead generation.
Nel nostro caso dovrebbe accadere l'inverso, ed essere proprio l'interruption marketing il fulcro di un'attività tesa non più a vendere direttamente, ma a informare e a diffondere quanto di buono stiamo facendo con il nostro content marketing, al fine di guadagnare quella visibilità iniziale che - se supportata da contenuti di qualità, è ovvio - porterà ad un crescente coinvolgimento spontaneo del nostro pubblico e, alla fine, anche ad una lead generation, per così dire, "semi-spontanea".
Insomma, secondo me si arriva progressivamente all'inbound marketing utilizzando strumenti outbound in modo non tradizionale.
Ti sembra strano?
In effetti non lo è. È ciò che fai tutti i giorni quando promuovi a pagamento un post sponsorizzato su Facebook, o quando utilizzi la rete display di AdWords per promuovere un evento.
L'importante, allora, sarà strutturare il tuo piano di marketing utilizzando questi strumenti, facendo sì che siano in sinergia e che, soprattutto, ci sia consapevolezza di quale marketing si sta usando e a quale scopo.
Il rischio, altrimenti, è quello di mischiare assieme patate e cipolle, per così dire, e di utilizzare strumenti e linguaggi non appropriati da una o dall'altra parte. Se infatti utilizzare il content marketing a scopi troppo apertamente promozionali è il Male con la M maiuscola, e lo diciamo tutti in continuazione, è altrettanto nocivo per il nostro ROI, secondo me, utilizzare gli strumenti messi a disposizione dall'interruption marketing con una predisposizione orientata verso il permission marketing.
Insomma, ad ognuno il suo linguaggio e le sue modalità espressive, e tutti in sinergia per l'unico scopo possibile: quello di conseguire gli obiettivi che la nostra attività di marketing intende perseguire.

CIAO! Grazie per essere arrivato a leggere fino a qui.

Porto avanti questo blog solo per passione, senza voler fare altro se non avviare un confronto con chi condivide con me l'interesse per tutto ciò che è marketing. Se ti è piaciuto questo post, la soddisfazione più grande che potrai darmi sarà quella di condividerlo sui social media e di lasciare un tuo commento.

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2 COMMENTS

  1. Ciao Fabio, hai proprio ragione! Tanto si parla di Permission Mkt e tattiche soft, ma se il brand non è prima riconosciuto dal target come portatore di valori condivisi…l’efficacia della strategia diminuisce. E in questa prima fase l’Interruption (ben studiato e monitorato) è un alleato prezioso.

    • Grazie mille, Silvia!
      Ovvio che una strategia basata esclusivamente sull’interruption oggi ha sempre meno senso. Però d’altronde non si può buttare il bambino con l’acqua sporca: prima di guadagnarti la fiducia del target, ci devi pur arrivare in qualche modo!

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