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In questo articolo ti parlo di:
Se c'è un termine sulla bocca di tutti, soprattutto nell'ambito del Social Media Marketing, questo è Customer Centricity.
Un'azienda non è moderna, organizzata, calata nel marketing 2.0 dell'interazione, dell'engagement e del dialogo con i propri clienti se non è Customer-Centric.
La Customer-Centricity è la novità del millennio: è nata con Facebook, con il networking, con la necessità per le aziende di intercettare la comunicazione orizzontale tra peers e renderla economicamente vantaggiosa.
O no?
Per capire meglio di cosa stiamo parlando, proviamo a fare un passo indietro.
Cosa vuol dire Customer Centricity
Iniziamo con una definizione. Anzi, con la definizione che ne dà Peter Fader, docente di marketing presso la prestigiosa università di Wharton, Philadelphia.
Customer centricity is a strategy to fundamentally align a company’s products and services with the wants and needs of its most valuable customers. That strategy has a specific aim: more profits for the long term.
La Customer Centricity è una strategia, quindi. È una strategia, che consiste nell'allineare i prodotti e i servizi di un'azienda ai bisogni dei suoi clienti più importanti - quelli, cioè, in grado di garantire la maggiore marginalità operativa nel medio-lungo periodo.
Le aziende che operano in modo davvero customer-centric, se vediamo le cose in questo modo, sono davvero poche. Che però il futuro, per molti brand, sia nella costruzione di una salda relazione con il cliente, credo sia il buon senso a dircelo.
La costruzione di questo rapporto, peraltro, è nel mondo del presente e del prossimo futuro più "semplice" a livello operativo: gli strumenti a nostra disposizione consentono infatti oggi di stringere il focus sul singolo cliente per personalizzare davvero ogni nostra interazione con lui ad un livello di granularità una volta impensabile, e a rendere questi rapporti frequenti e, a volte, addirittura permanenti - si pensi ad esempio a ciò che accade nel mondo dei social media.
Questa apparente semplicità, tuttavia, nasconde evidentemente delle insidie. L'insidia fondamentale è probabilmente da un lato nella complessità dei canali di interazione, e dall'altro nella necessità di misurare - e di misurarsi con una quantità di dati e di fattori di profilazione una volta inimmaginabili.
La Customer Centricity e la lezione del Direct Marketing
La sostanza del discorso è che mai quanto oggi è possibile fare davvero del data-driven marketing utilizzando simultaneamente e (soprattutto) sinergicamente una molteplicità di canali di interazione, ed è possibile sfruttare tale sinergia allo scopo di generare valore nel tempo.
Non occorre dire che, a questo scopo, occorre una visione prospettica. Occorre vedere il cliente, insomma, non come il... compagno di una notte, ma come l'altro membro di una accoppiata vincente destinata, come un matrimonio che si rispetti, a durare nel tempo e a diventare sempre più simbiotico, un po' come le coppie che sono state insieme una vita, e non hanno più bisogno di parlare per sapere tutto l'una dell'altro.
Il bello è che, in sostanza, non occorre inventarsi quasi nulla per giungere a questi obiettivi.
Se infatti è vero che il nostro mondo interconnesso, wireless e digitale è forse ancora tutto da comprendere per il marketing, è anche vero che moltissimi dei concetti base che abbiamo espresso finora non sono affatto una novità, e in buona parte risalgono addirittura al 1967, quando un simpatico signore di una oscura agenzia di marketing di New York tenne un discorso al MIT di Boston in cui utilizzò per la prima volta un termine destinato a fare storia. Il termine era Direct Marketing e il signore in questione era, ovviamente, Lester Wunderman.
Cos'è il Direct Marketing, in fondo, se non la costruzione di una relazione solida e duratura nel tempo tra azienda e cliente?
Mettere in atto una strategia di marketing basata sulla Customer Centricity vuol dire di fatto mettere in atto una strategia di direct marketing, quantomeno in relazione a tre importantissimi fattori.
1. Il profilo del singolo cliente diviene il termine di paragone per ogni analisi economica
Sapere chi è il cliente e cosa ha acquistato è alla base della segmentazione nella comunicazione di marketing, perché conoscere il cliente vuol dire conferirgli un valore economico, e questo valore sarà alla base di qualsiasi attività di marketing su di lui.
La relazione tra azienda e cliente è sempre uno scambio di valore economico. Tutto è valore per l'azienda: sapere chi ha comprato, e cosa. Sapere quali interazioni ogni cliente ha avuto con il customer service. Sapere ogni quanto il cliente torna ad avere un rapporto spontaneo con l'azienda, e sapere ogni quanto effettua degli acquisti, e per quale valore. Sapere quali prodotti sono stati oggetto di richieste, quali oggetto di contestazione da parte di ciascun cliente: questi sono i fattori che determinano il valore del cliente, e sono i fattori che devono costituire l'ossatura del nostro piano di marketing e di relazione con il cliente tenendo presente un fatto incontestabile: all'azienda non interessano tutti i clienti. All'azienda interessano solo i clienti che generano valore nel tempo: solo quelli, allora, saranno oggetto della nostra attività di customer-centric marketing.
2. La comunicazione commerciale deve essere basata sul profilo del cliente
Saranno allora il valore del cliente, cosa ha acquistato, i suoi comportamenti nei confronti dell'azienda a determinare modi, tempi, ciclicità e contenuti della nostra relazione con lui.
Inutile inviare un'offerta a un segmento di clienti che ha dimostrato nel tempo di non essere interessato ai nostri prodotti o servizi. Inutile inviare offerte di acquisto a prezzo scontato a persone che sono già nostri clienti (cosa, peraltro, che invece continuiamo a vedere spessissimo da parte di una molteplicità di grandi player nel nostro paese). Inutile inviare offerte generiche che non riescono a persuadere perché eccessivamente standardizzate e prive di qualsiasi richiamo alle specificità del profilo e dei bisogni del singolo cliente.
Rispetto ai tempi di Wunderman, peraltro, la tecnologia si è evoluta immensamente, al punto che è possibile concepire e realizzare campagne di direct marketing multicanale completamente customizzate sui profili dei clienti: non approfittarne vuol dire, secondo me, prepararsi a un futuro sempre più difficile.
3. Il valore del singolo cliente deve essere costantemente misurato e utilizzato per le azioni di marketing
Il profilo RFM o qualsiasi altro profilo in grado di farci misurare il valore lifetime del cliente acquisito deve guidare le future interazioni col cliente stesso.
Il ciclo del cliente dal punto di vista commerciale si deve basare quindi sul suo profilo e sul suo valore come cliente misurato nel tempo e costantemente rimisurato ad ogni interazione. I segmenti del nostro customer database devono insomma essere dinamici, e continuamente aggiornati man mano che le nostre conoscenze crescono e le nostre interazioni con i clienti si sviluppano e si moltiplicano. È proprio questa, del resto, la grande novità introdotta dal Direct Marketing: che ogni cliente è una cosa a sé, che cresce e si evolve, e solo comprendendone a fondo questa evoluzione saremo in grado di fare sempre la scelta giusta, quella che ci consentirà sempre di massimizzare il valore del cliente nel tempo.
Ciò che è proprio l'obiettivo di una strategia basata sulla Customer-Centricity.
Penso che un azienda per essere moderna dovrebbe già trovarsi nel marketing 3.0
Purtroppo la realtà difetta, rispetto alla fantasia 🙂
Ciao Fabio,
cosa ne pensi dei software per l’assistenza cliente automatizzata di primo livello, che sono anche in grado di fornire informazioni utilissime al Marketing oltre che ottimizzare i costi ma sopratutto fornire assistenza sopratutto nella fase preacquisizione.
grazie, Luigi
Ciao Luigi, grazie a te.
In generale, io non sono mai contrario all’efficienza economica delle soluzioni di CRM, purché si mantenga anche l’efficacia del rapporto con il cliente. In situazioni di estrema standardizzazione delle informazioni base – cioè se ci sono domande e problemi ricorrenti – credo siano estremamente utili, a condizione che ci sia un secondo livello con una SLA molto elevata. Insomma, mi sta bene accedere a un menu automatico di primo livello per verificare se il mio problema è contemplato ma, nel momento in cui non lo è, non voglio perdere altri minuti al telefono (magari a spese mie) per parlare con un operatore.
Il caveat, naturalmente, è usare come al solito dati analitici di ritorno per capire se il cliente è poi realmente soddisfatto del servizio di assistenza così formulato. Risparmiare va bene, ma soprattutto in fase di preacquisizione, mantenere elevato il livello di soddisfazione del cliente va ancora meglio.
L’idea è appunto quella di fornire un servizio di assistenza cliente di un valore elevato, in caso il problema non fosse contemplato il sistema si autoistruisce, nel senso che in seguito al riscontro dell’operatore tramite mail ( il tutto avviene tramite sisteme) il riscontro viene archiviato.
il grado di soddisfazione dell’utenza lo si può riscontrare sulle effettive interazioni che avvengono con il sistema, tutto tracciato e l’utilizzo che ne viene fatto, non si tratta solo di risparmiare ma anche di ottimizzare il lavoro, ricollocare le risorse su attività più qualificate e ridurre il carico di lavoro, le domande frequenti a chi si occupa di customer care.
Grazie Luigi