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Con il passare dei mesi, fare Marketing su Facebook sta diventando sempre più un puzzle per le aziende, soprattutto per quelle che negli ultimi anni avevano lavorato per crearsi, attraverso una raccolta (che adesso riterremmo forse indiscriminata) di Like, una rendita di posizione nella diffusione dei propri messaggi promozionali.
Come è noto, due cambiamenti fondamentali (più una miriade di aggiustamenti) negli algoritmi di Facebook hanno cambiato radicalmente le carte in tavola nella gestione del Facebook Marketing, rendendo virtualmente inutili i fan non di qualità (quelli, cioè, che non producono engagement).
Il primo di questi aggiornamenti, nel corso dell'estate 2013, ha cambiato le regole riguardanti la visibilità dei contenuti provenienti dalle pagine all'interno dei newsfeed degli utenti, privilegiando alcuni fattori - come l'engagement generato dai post - rispetto ad altri prima ritenuti più importanti - come il tempo di decadenza, o Time Decay.
Il secondo, a distanza di alcuni mesi, è andato invece a incidere sulla portata organica dei post, ancora una volta privilegiando quelli che fossero caratterizzati da un maggiore quantitativo di like e condivisioni.
Davanti a queste importanti novità, tutte le piccole, medie e anche grandi aziende che avessero una consapevolezza del proprio marketing su Facebook hanno deciso per importanti aggiustamenti nella strategia di Social Media Marketing seguita fino ad allora - non ultimo, il ricorso al Social Advertising come integrazione a pagamento della ormai risicata portata organica dei post.
Come hanno reagito, invece, i Top Brand, quelli caratterizzati da milioni di fans e da una strategia di comunicazione tesa al rapporto con gli utenti per esigenze non immediatamente commerciali, quanto di immagine e di relazione tra il brand e i propri fan?
Marketing su Facebook: uno studio interessante
Quando parliamo di aziende come la Ferrari o MTV, Disney o BMW, è chiaro che l'esigenza di comunicazione con i propri fan vanno al di là di qualsiasi ambizione di Social CRM o di promozione finalizzata alla vendita sui Social Media. Nessuno, credo, ha mai acquistato una Ferrari perché ha coltivato il rapporto con il Brand su Facebook, e nessuno probabilmente ha scelto di vedere MTV o di comprare un prodotto di merchandising targato MTV sulla base del rapporto tra azienda e cliente stabilito sui Social Media.
Proprio per questo motivo, questa particolare categoria di Brand è a maggior ragione interessante, poiché la necessità di interazione tra Brand e fans è finalizzata al mantenimento del "mito" e allo storytelling aziendale, più che alla misurazione di un ROI su ogni post pubblicato.
Per verificare se questi grandi brand abbiano cambiato strategia, e soprattutto se questo cambiamento abbia prodotto dei significativi miglioramenti nel tasso di engagement, possiamo rifarci ai risultati di uno studio pubblicato pochi giorni fa su SimplyMeasured da Kevin Shively che, a dire la verità, non lascia molto margine di interpretazione.
I top Brand e Facebook
I Top Brand presi in considerazione dalla ricerca vanno da Starbucks a Ferrari, passando per Disney, BMW, Audi, Harley Davidson, Tiffany e Mercedes Benz. Parliamo ,complessivamente, di un patrimonio di oltre 350 milioni di fans - uno sconvolgente potenziale economico su scala planetaria, quindi, tutto da contattare e influenzare significativamente anche attraverso la propria presenza su Facebook.
Come hanno reagito, questi 10 brand, ai due cambiamenti di algoritmo decisi da Facebook ad agosto e dicembre 2013?
Lo vediamo nel seguente grafico, che rappresenta la variazione nel tempo dei post prodotti (in viola) e di coinvolgimento generato (in verde) dall'insieme dei 10 brand presi in considerazione dalla ricerca.

Dalla lettura del grafico, possiamo dividere tre fasi distinte.
La prima fase va da aprile fino ad agosto 2013.
Siamo nell'epoca felice in cui la variazione del numero di post generava automaticamente una proporzionale variazione del tasso di engagement prodotto dai post stessi (le due linee sono parallele). In questa fase, evidentemente, la gestione di tempi e modalità di pubblicazione faceva sì che lavorare sull'engagement organico fosse ancora relativamente "facile".
Il primo cambiamento di algoritmo, come vediamo, dà l'avvio alla seconda fase, in cui l'engagement inizia a calare in modo preoccupante, stabilendo una nuova relazione tra tasso di pubblicazione e tasso di engagement meno proporzionale rispetto alla precedente.
A partire da dicembre 2013, come si vede, le cose iniziano a cambiare in modo più radicale.
La capacità dei Brand di sviluppare engagement su Facebook mediante l'utilizzo della portata organica è in caduta libera, e la reazione messa in opera generalmente dai Top Brand - con un aumento significativo della quantità di post prodotti, non porta ai risultati sperati. A fronte di una crescita del numero di post, infatti, vediamo che la forbice dell'engagement finisce inesorabilmente con l'allargarsi, a mettere in evidenza come la strategia posta in atto collettivamente dalle imprese - reagire al calo dell'engagement con l'aumento del numero di post pubblicati - si riveli del tutto insufficiente.
Prova ne sia, che prese collettivamente queste aziende denunciano un calo dell'engagement in termini assoluti intorno al 40% (anno su anno), con le vistose eccezioni di MTV e Harley-Davidson e un crollo evidente - quello della Ferrari.

Più che questo dato, tuttavia, è importante vedere come il calo riguardi l'engagement unitario per post pubblicato.
Abbiamo visto infatti che nel primo grafico è visibile un aumento del numero di post, cui fa da contrappunto un calo vistoso dell'engagement totale. In questa tabella troviamo conferma di questa tendenza: i cali di engagement sul singolo post arrivano al 50%, con cali vistosissimi per tutti i Brand, con l'eccezione di Harley Davidson.

Dal confronto delle due tabelle, viene fuori che alcuni dati assoluti - ad esempio quello positivo di MTV e quello molto negativo della Ferrari - sono dovuti a diverse modalità di reazione al calo della portata organica.
Chi risponde con una moltiplicazione del numero di post - come nel caso di MTV - riesce a non perdere engagement in termini assoluti e a mitigare appena l'effetto generalizzato di perdita di engagement unitaria, e ci riesce solo mediante un aumento degli sforzi promozionali (produrre un post è un costo).
Chi invece ha scelto di non cambiare politica, mantenendo lo stesso tasso di produzione dei post o addirittura calandolo, come la Ferrari, perde la quasi totalità del suo engagement in termini assoluti, e si ritrova alla fine nella media quando si computa la perdita di engagement su base unitaria.
L'unica vera eccezione a questa perdita generalizzata è il caso di Harley Davidson, la cui fascinazione e il cui mito sono evidentemente immuni a qualsiasi cambio di algoritmo.
Conclusioni: al crollo dell'engagement non si sfugge?
Che conclusioni trarre dallo studio di Simply Measured?
Anzitutto, che la crisi della portata organica nel Marketing su Facebook non fa sconti a nessuno, e anzi è tanto più avvertibile, quanto il Brand è "potente" in termini di capacità di contattare e spostare seguaci.
Secondo, che il tema del crollo della portata organica dovrebbe essere ben presente a tutti i Social Media Marketer, i quali dovrebbero trovare evidentemente nuove strade - al di là della reazione "spontanea" del'aumento del numero di post pubblicati - per generare engagement.
A cominciare, evidentemente, dal ricorso all'advertising e alle sponsored stories, ma cercando contemporaneamente di alzare il livello qualitativo e la pertinenza con il target dei contenuti pubblicati.
Due strade, a mio parere, da percorrere contemporaneamente quando si decide di elaborare una strategia di Marketing su Facebook, perché l'una dipende ormai inesorabilmente dal successo dell'altra.