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Non molti, secondo me. Eppure, se già a settembre scorso Jayson DeMers annoverava questa tecnica tra i 7 Online Marketing Trends per l'anno appena iniziato, un motivo ci sarà.
Vediamo allora in sintesi di cosa stiamo parlando.
Retargeting: iniziamo con una definizione sintetica.
Anzi, facciamocela dire proprio da Jayson, che scriveva appunto che si tratta di
una strategia di marketing che ha preso piede di recente. In estrema sintesi, funziona utilizzando i cookies per tracciare i siti visitati dagli utenti. Una volta lasciato un certo sito, i prodotti o servizi che erano stati visitati saranno mostrati loro nuovamente in annunci pubblicitari inseriti in siti differenti.
Occorre dire che si tratta di una tecnica di sicuro successo? Ovviamente no, tanto è vero che i principali players dell'e-commerce la conoscono bene e la usano come parte integrante della loro strategia di marketing.
Come aumentare le vendite con il retargeting
Per rendervi conto delle potenzialità del retargeting, verificate quale percentuale di utenti acquista sul vostro sito alla prima visita. Se siete nella media, non siamo lontani dal 2%.
Ciò accade evidentemente per molteplici motivi. Il cliente può non aver trovato ciò che cercava o può essere capitato sul sito per errore, e allora difficilmente potremo recuperarlo: se non sono un lettore potrete farmi vedere tutti i libri che volete, non ne comprerò mai uno. Il cliente può anche non aver acquistato perché ha fatto un'analisi comparativa dei prezzi, e trovato il vostro più alto (o le vostre condizioni di vendita non adeguate) - e allora già ne possiamo parlare.
Il nostro, infine, può aver deciso di rimandare l'acquisto, oppure ha deciso di pensarci su perché in effetti non ha mai sentito parlare di voi prima d'ora (siamo alla prima visita, ricordate?) per cui ha avuto un momento di dubbio e vuole meditare ancora l'acquisto presso di voi. Ecco: questi sono i casi tipici in cui il retargeting (o remarketing, come dicono alcuni) dimostra interamente il suo potenziale.
Il primo caso, se ci pensate, è noto e riporta a una tecnica di direct marketing antica: quella del follow-up. In sostanza, ti mando un mailing in cui ti propongo l'acquisto di un prodotto e, dopo qualche tempo (abbastanza per darti modo di decidere autonomamente e abbastanza poco affinché tu abbia ancora presente la promozione) ti contatto nuovamente mediante e-mail o telefono per riproporti la stessa promozione utilizzando un linguaggio e tecniche rafforzative. Fin qui nulla di nuovo, fatta salvo ovviamente la novità dello strumento nella sua peculiarità di lavorare in advertising con strumenti tipicamente riservati al direct marketing.
L'euristica della familiarità e la brand awareness
Sul secondo caso, invece, è interessante spendere qualche parola in più. Risulta difficilmente comprensibile, in effetti, comprendere in che modo reiterare la propria offerta o mostrare nuovamente il prodotto che stiamo cercando di vendere dovrebbe convincere qualcuno sulla nostra affidabilità come merchant. Tuttavia, è proprio così, per effetto di ciò che in psicologia sociale si chiama euristica della familiarità. Detta in soldoni, l'euristica della familiarità è quel bias per cui tendiamo a preferire e ad affidarci a ciò che conosciamo meglio. Si tratta, se ci pensate, di un istinto primordiale, di quelli che ci hanno consentito di sopravvivere e di evolverci dallo stato di trogloditi a quello di homo technologicus.
Tradotta in termini di marketing, l'euristica della familiarità significa che i clienti tendono a ritenere più affidabile un'azienda che ha maggiormente lavorato sulla propria brand awareness. La cosa, peraltro, è stata dimostrata recentemente da un interessante studio della Penn University, cui rimando per gli approfondimenti del caso.
Capite quindi come l'esposizione a un brand utilizzando le tecniche del remarketing possa essere un formidabile strumento per acquisire clienti marginali proprio in quella fascia di pubblico che non ci conosce ancora, ma non per questo è meno interessato ai nostri servizi.
Retargeting: aumentare le vendite nel Business-to-Business
Che la questione sia interessante per il mercato Consumer è fuor di dubbio, tanto che sono ormai molte le aziende che, sostenute soprattutto da player come Google o Facebook, utilizzano lo strumento del retargeting per aumentare il ROI delle proprie campagne e i revenues che giungono da interazioni spontanee con il proprio sito merchant. L'efficacia delle campagne, peraltro, aumenta soprattutto se queste ultime utilizzano (in modo corretto) tecniche di Real Time Bidding.
Una buona domanda è se il remarketing sia utilizzabile con successo anche nel B2B.
A mio parere sì, con qualche accorgimento legato soprattutto alle strategie di marketing utilizzate dall'azienda B2B per la propria autopromozione. E' evidente, per iniziare, che qualsiasi attività di brand awareness non può che beneficiare delle tecniche di remarketing per i motivi descritti poc'anzi: una esposizione al brand aumenta la fiducia del buyer e ne facilita l'attitudine a prenderci in considerazione come possibile fornitore. E' evidente, però, che tutto ciò funziona se inseriamo la tecnica del remarketing all'interno di una strategia di lead generation basata sull'utilizzo del sito web come driver delle conversioni. In altre parole, di una strategia di Content Marketing.
E' evidente infatti che le tecniche di RTB e in generale di web advertising possono portare traffico sul sito web aziendale, ma non aiutano a ottimizzare la pipeline di vendita. Al contrario, il remarketing funziona come strumento di conversione mediante l'euristica della familiarità, ma per definizione non può far acquisire nuovi visitatori sul sito web. Ne viene che l'attività di lead generation dev'essere necessariamente strutturata a partire da una strategia capace di portare stabilmente nuovo traffico sul sito: solamente allora potremo utilizzare il remarketing come strumento per favorire un ritorno "guidato" e aumentare contemporaneamente la brand awareness della nostra azienda. Da lì in poi, diventa solo un discorso commerciale...