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Diciamocelo: oggi fare il marketer è finalmente diventato un mestiere divertente. Con le capacità di calcolo e la versatilità dei database relazionali (le così dette big data technologies), la molteplicità dei canali di interazione con la target audience, la quantità di dati che si può collezionare su ogni cliente in ogni dove, in mobilità come a casa, sui social network come sulle comunicazioni tradizionali, oggi gli uffici marketing hanno infinite possibilità di creare relazioni personalizzate, multicanale e integrate con i destinatari delle loro comunicazioni commerciali.

In effetti, guardandoci in giro viene il dubbio che stiamo forse viaggiando con la mente molto più lentamente della tecnologia che ci gira intorno. Questo è vero nella vita di tutti i giorni, ed è vero a maggior ragione negli uffici marketing di tutto il mondo.
Le motivazioni sono molte. Anzitutto, risiedono nella formazione "classica" - per così dire - dei responsabili degli uffici marketing, con la conseguente impreparazione tecnica di questi uffici sia rispetto alle nuove tecnologie di Variable Data Printing, sia, soprattutto, nei confronti delle tecnologie digitali. E' in quest'ultimo settore, ove sostanzialmente è stato dato campo libero alle risorse IT, che si è andato perdendo gradualmente di vista il cliente nella sua interezza come oggetto di una strategia di comunicazione integrata e multicanale, rendendo alla fine molto difficoltoso un approccio realmente Data Driven della comunicazione aziendale.
Senza contare, naturalmente, gli aspetti squisitamente tecnici della questione: in quanti uffici marketing sono presenti delle figure competenti in scienze statistiche capaci di analizzare in profondità i dati a disposizione, anche qualora questi risultassero correttamente raccolti e gestiti?
Data Driven Marketing: vediamo qualche numero
La prova - una delle tante - ce la fornisce una interessante survey di Teradata (la Teradata Data Driven Marketing Survey, pubblicata a settembre scorso) che in poche pagine chiarisce bene quali siano le complessità e le sfide cui vanno incontro i marketers quando hanno a che fare con le prospettive di una strategia di marketing che sia autenticamente Data Driven.
Tanto per chiarire subito di cosa stiamo parlando, guardiamo queste due importanti evidenze che emergono dal report:
- meno del 10% delle aziende dichiara di utilizzare in modo sistematico i dati a propria disposizione.
- solo il 26% dei marketers afferma di considerare i colleghi dell'IT come partner strategici per il lavoro all'interno della propria azienda.
Detto in soldoni, a vederla così sembrerebbe che i marketers siano ancora legate a logiche del passato, con poche dogmatiche clusterizzazioni basate su una minima quantità di variabili (eredità di metodologie di stampa dei materiali dei mailing che non consentivano ripetute e chirurgiche segmentazioni della target audience) e soprattutto con molte difficoltà a comprendere appieno le potenzialità di una integrazione del mondo digitale con il BTL più tradizionale al fine di creare delle sinergie che sfruttassero appieno i dati a propria disposizione per creare una vista unificata del cliente (patrimonio solamente del 18% delle aziende - e ditemi se questo non è un dato che fa riflettere) anche per determinare delle profilazioni sempre più precise. E' chiaro, infatti, che il Data Driven Marketing è legato a logiche di comunicazione One-to-One e che l'una cosa non avrebbe senso senza l'altra: tuttavia, come non ho mancato di notare anche qui in più di un'occasione, è difficile vedere nella pratica approcci così sistematici ai dati anche da parte delle agenzie più moderne e dei marketers più innovativi.
Un approccio Data Driven al cliente
Prova ne sia - e torno al report di Teradata - che i dati statistici disponibili in azienda non sono quasi mai il cardine attorno al quale vengono prese le decisioni di marketing. Al contrario, il 45% dei marketers ritiene che proprio i dati siano l'asset più sottoutilizzato nei propri uffici.
E', questa, una ulteriore conferma della difficoltà che oggi il marketing incontra nel riuscire a cogliere la complessità dei dati e sviluppare da essi un approccio creativo al cliente che, partendo da una metodologia di analisi dei dati ne amplifichi le potenzialità attraverso l'automazione e la gestione del profilo unificato del cliente stesso.
Semplificando, se sono a capo del marketing di una catena di negozi di piccoli elettrodomestici, posso accontentarmi di un approccio RFM e determinare su quella base l'intero ciclo di marketing degli upselling di ogni mio cliente, o posso iniziare a determinare qualitativamente la merce che ognuno dei miei clienti ha acquistato per personalizzare il ciclo di upselling sulla base di un profilo che si arricchisce via via di informazioni, per cui (scusate la banalizzazione) proporrò in evidenza l'acquisto di un Home Theater all'acquirente di un televisore da 42", e quello di un'asciugatrice a chi ha acquistato l'ultimo modello di lavatrice da 10 Kg di carico.
Sembrerebbe un approccio anche semplicistico, finché non si scopre l'amara verità: che solo il 36% delle aziende americane (mi piacerebbe sapere quante in Italia) utilizza correntemente i dati per migliorare l'interazione coi clienti.
E' il tema, l'avete capito, della customer experience, quella che dovrebbe essere nel marketing reloaded dei nostri tempi la priorità assoluta di ogni marketer B2C e che invece rimane evidentemente, ancora oggi, una preoccupazione di pochi.