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Mi rendo conto che una parte importante degli articoli che ho pubblicato nei primi mesi di vita di questo blog sono dedicati essenzialmente al web e al social media marketing. E' il presente e il futuro di buona parte del marketing che si fa oggi, e sicuramente è quello dove l'immensa quantità di strumenti a disposizione rende necessario un approccio informato - secondo me tanto dal punto di vista tecnico quanto da quello sociologico, ma adesso è la mia formazione umanistica a parlare, per cui su questo aspetto particolare smentitemi pure.
Ho fatto questa piccola premessa perché una volta tanto vorrei parlare (anche) d'altro, e mi piacerebbe farlo partendo da una inchiesta che è stata pubblicata a novembre scorso sulla rivista DDM, realizzata intervistando alcuni operatori della filiera del marketing cartaceo (tra cui il sottoscritto) a proposito del futuro del direct mailing indirizzato e (addirittura!) il non indirizzato.
Il flyer nel paese delle meraviglie (social)
Lo so, qualcuno starà storcendo la bocca: cosa c'entra il mailing non indirizzato (per intenderci: il flyer, ossia il volantino distribuito nella cassetta della posta) con le meccaniche del Social Media Marketing?
Mi sono improvvisamente messo a scrivere del passato remoto del direct mailing?
In effetti, non è però così. Tantissime aziende oggi operano ancora dando la preferenza al non indirizzato come metodo privilegiato del contatto con i clienti e i prospect, preferendolo addirittura al mailing indirizzato anche quando hanno una molteplicità di contatti da gestire - contatti che peraltro sono stati acquisiti nel modo migliore, attraverso fidelity card o altri mezzi di promozione in-store.
Guardate, non sto parlando del pizzicagnolo sotto casa: parliamo di aziende che hanno magari 500mila o addirittura un milione di Likes sulla propria pagina Facebook, ma che utilizzano questo strumento ancora una volta - indovinate? - per mettere online i contenuti (e la grafica) dei propri volantini non indirizzati, gli stessi che vanno poi a finire nelle nostre cassette postali.
Ora, questo blog non nasce per dare pagelle, né per formulare giudizi sul lavoro altrui - tanto più che nel marketing l'unica cosa che conta davvero sono i conti, e se il ROI di campagne e presenze sui social media articolate in questo modo è positivo, tanto di cappello. Tuttavia, se mi chiedete (come era appunto il tema portante dell'intervista che citavo poc'anzi) se questo sia il futuro possibile del direct marketing, ebbene, lì devo proprio dire che no, io non credo che possa essere questo.
Il marketing del volantino
Il volantino è utilizzato soprattutto, come sapete, dalla GDO e dai negozi dedicati alla distribuzione di prodotti per l'informatica. Di norma, il volantino non è distribuito a pioggia, ma a macchia di leopardo: alle alte tirature corrisponde sempre, infatti, una pianificazione efficace sulla base delle zone in cui si ottiene una risposta più elevata, a volte misurata esattamente mediante l'utilizzo di coupon e buoni sconto da ritagliare in cui si codifica la zona di distribuzione mediante un campo variabile. Anche la fase di distribuzione viene di solito accuratamente controllata, in genere con l'aiuto di ispettori dedicati a questo scopo. Insomma, è una metodologia di direct marketing di tutto rispetto, che ha la sua ragion d'essere nei bassi costi di stampa e soprattutto di recapito postale (il non indirizzato costa molto meno dell'indirizzato, anche grazie ad una maggiore concorrenza tra gli operatori sul mercato). Secondo una recente ricerca pubblicata da Nielsen e Anad presentata a Mailforum a ottobre scorso, questa metodologia è largamente efficace, perché il volantino ha una percezione largamente positiva nel pubblico cui è destinato e ha il vantaggio indubbio di portare sempre nuovo pubblico nel PdV.
Tutto bene allora?
A mio parere no. Secondo me, in un'era che sta sempre più diventando multicanale e omnichannel anche dal punto di vista dei canali di distribuzione, l'obiettivo stesso di portare le persone nel PdV per effettuare un acquisto sta diventando largamente inattuale. Sempre più numerose, al contrario, sono le persone che utilizzano semmai il punto vendita per valutare "dal vero" il prodotto che acquisteranno online approfittando di offerte di negozi virtuali sempre più agguerriti (e che, peraltro, sono anch'essi sulla strada dell'ibridazione, risolvendo in questo modo il problema della reperibilità alla consegna con comodissimi pick-and-pay che assomigliano sempre più a negozi). In un contesto del genere, la cosa più simile a un volantino che riesco a immaginare è un'inserzione di Facebook, che anzi consente una segmentazione molto più precisa di quella del flyer cartaceo.
Il senso della carta
Quanto alla comunicazione cartacea, il suo senso secondo me rimane eccome: ma rimane solo nella misura in cui alle grandi tirature e al recapito non indirizzato si sostituisce una comunicazione che abbia due caratteristiche fondamentali: la pertinenza e la multicanalità.
Pertinenza, nel senso non banale che ad una comunicazione generalizzata bisogna sforzarsi di sostituire sempre più una comunicazione che abbia un senso forte per il destinatario, essendo orientata al suo profilo socio-demografico, ai suoi bisogni e alle sue abitudini d'acquisto. Ho già rilevato altrove come il destino della comunicazione direct non possa più prescindere da questi requisiti fondamentali, e come in effetti le difficoltà per compiere questo passaggio di crescita siano più di carattere culturale che non tecnico-organizzativo. Torneremo ancora sul tema molte volte, poiché mi pare veramente imprescindibile per poter dare un futuro alla nostra professione.
Multicanalità, perché se è vero che l'ibridazione dei canali è un fenomeno in crescita, e se è vero che la diffusione sempre più capillare di dispositivi che ci rendono always connected ha cambiato radicalmente il panorama della comunicazione tra aziende e recipient, allora ogni fase di una campagna di marketing deve essere concepita come parte di una experiential thread che muove continuamente dall'offline all'online, dalla carta al web, dal web al mobile, dal mobile al social e (se vogliamo) dal social di ritorno alla carta, attraverso un flusso continuo di media e di informazioni che abbiano il senso di una vera e propria full immersion nel prodotto o nel brand che si sta promuovendo.
Quanto alla sfera social...
Quanto alla sfera social, utilizzarla per riprendere in formato fotocopia contenuti presi da altri media e appiccicati (consentitemi il termine) su un post di Facebook credo sia quantomeno limitativo rispetto alle potenzialità del mezzo a disposizione. E nessuno mi toglierà dalla testa che per quanto i risultati siano positivi, lo sarebbero di più se ci fosse una maggiore dedizione alla comprensione degli strumenti social per quello che realmente possono offrire al marketing dedicato al mondo consumer.
Sbaglio qualcosa in queste riflessioni? Dite la vostra!