Come diventare “relevant” in tre piccoli passi

Come diventare “relevant” in tre piccoli passi

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Il problema della Relevancy

Ricevo molti mailing, sia cartacei che digitali. Così anche mia moglie. Siamo, evidentemente, per età, collocazione, reddito e non so cos'altro, nelle fasce più interessanti per alcune aziende - soprattutto, mi pare di poter dire da quanto mi viene inviato, nel settore dell'editoria periodica e libraria,e in quello automotive.
Nel leggerli mi continuo a chiedere: ma questi mailing parlano davvero a me? Sono orientati sul mio profilo, o l'unica cosa veramente di mio è solo il nome stampato sull'indirizzo e sull'intestazione della lettera nella busta?

L'impressione è che la relevancy, un "falso amico" che si traduce più o meno con pertinenza, sia un problema che in generale non riguarda i marketers B2C. O meglio, li riguarda nel senso che se si promuove una campagna su un determinato target, si ritiene sufficiente trovare linguaggi che si adeguino al target preso nel suo complesso. E' esperienza vissuta: normalmente, anche per questioni di tempo o di risorse, si cerca di insistere sul minimo comun denominatore di molti cluster piuttosto che cercare una comunicazione pertinente per ognuno di essi.

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Anche perché seguire questa strada per bene vorrebbe dire fare test e investire anche molti quattrini. E poi negli invii massivi di centinaia di migliaia, quando non milioni di pezzi, anche l'economia di scala nella stampa o nella preparazione e invio delle DEM ha i suoi perché. Lo dico ancora una volta per esperienza vissuta: realizzare un layout e farlo scendere lungo la pipeline della stampa e della conseguente postalizzazione è più facile che gestire contemporaneamente 10 varianti, senza contare il tempo e le risorse necessarie per clusterizzare e poi per verificare la rilevanza di ogni singola variabile con complesse analisi di regressione statistica in un quadro estremamente complesso in cui, se non si è più che preparati e se non si hanno le idee chiare sugli obiettivi, non si capisce nemmeno più chi ha vinto e chi ha perso.

Se poi passiamo dal mercato consumer al B2B, ovviamente le cose si complicano: nella maggior parte dei casi (non voglio generalizzare, anzi!), il marketer B2B ha poche risorse a disposizione e database spesso scarsamente aggiornati; in ambito di lead management, normalmente si cerca di scendere velocemente lungo il funnel di vendita, magari utilizzando ancora il buon vecchio metodo della cold call e mandando comunicazioni commerciali solo in alcuni casi. Di certo, soprattutto nelle PMI, tutto questo si fa senza guardare troppo per il sottile quando si parla di profilo del cliente. Anche in questo caso, l'esperienza è personale: guardo cosa ricevo e quali sono le caratteristiche delle comunicazioni commerciali (DEM, newsletter, mailings ecc.) che mi arrivano sulla scrivania o nella mailbox.

Non è così? Vi prego, allora, ditemi in che modo le vostre esperienze sono diverse!

Tre piccoli accorgimenti per creare Relevancy

Per quel che mi riguarda, se devo trarre una sintesi, ciò che accomuna la maggior parte delle comunicazioni che ricevo è la assoluta mancanza di attenzione verso il mio profilo di potenziale cliente, o addirittura di cliente acquisito. C'è chi mi propone di aderire a associazioni cui ho già aderito o di sottoscrivere servizi di cui sono già beneficiario; c'è chi mi offre l'abbonamento a una rivista di taglio e cucito senza pensare che difficilmente un destinatario di sesso maschile possa deliziarsi di questo nobile hobby e c'è chi (in questo caso nella mailbox aziendale) mi mette in guardia verso un difetto tecnico di un macchinario che non ho mai acquistato, minando così inutilmente la propria reputation. Quasi nessuno utilizza le molte variabili a sua disposizione non solo per determinare se sono un recipient valido per promuovere un determinato prodotto, ma nemmeno per inquadrarmi sotto il profilo commerciale.

Eppure per iniziare a lavorare su un direct marketing che sia davvero adeguato al mio target basterebbero anche solo tre piccoli accorgimenti:

1. Chiedersi sempre: in che modo la mia target audience si segmenta internamente?

Una prima suddivisione è ovviamente tra clienti, ex clienti e potenziali clienti: tre segmenti molto diversi tra loro, per i quali è necessario trovare linguaggi e temi (e a volte anche offerte) differenti. Poi ci sono tutte le altre: per sesso, per età, per profilo socio-economico, per provenienza geografica... Non tutte queste distinzioni sono significative: alcune potrebbero non portare a differenze di comportamento d'acquisto (magari vendo un servizio che tra uomini e donne è acquistato in egual misura), quasi tutte, però, possono essere utilizzate per mappare all'interno della comunicazione delle zone in cui presentare il prodotto in maniera differente per creare un rispecchiamento tra comunicazione e recipient (ad esempio, banalizzando, l'immagine di un regalo potrà avere un fiocco rosso per gli uomini e rosa per le donne).

2. Mantenere coerenza nella comunicazione.

Uno degli errori classici che si fa è quello di creare delle suddivisioni di target su alcuni media per arrivare poi a una comunicazione indifferenziata su altri. La coerenza al contrario deve essere sempre mantenuta, soprattutto quando media differenti vengono usati in sinergia nella stessa campagna.

3. Fare dei test, misurare e migliorare

Non sempre tutto funziona. Testare sempre, mantenendo dei gruppi di controllo, è la prima regola del direct marketing. E soprattutto, dopo aver testato, misurare e comprendere i risultati! Misurare e migliorare, appunto: siamo sicuri che quel modello di differenziazione di comunicazione e offerta che mi sembrava geniale quando l'ho fatto valga davvero il tempo e gli sforzi che gli ho dedicato? Forse no: misurare, creare benchmark e calcolare i benefici ottenuti (sempre in termini di ROI, mi raccomando!) è l'unico modo per saperlo!

CIAO! Grazie per essere arrivato a leggere fino a qui.

Porto avanti questo blog solo per passione, senza voler fare altro se non avviare un confronto con chi condivide con me l'interesse per tutto ciò che è marketing. Se ti è piaciuto questo post, la soddisfazione più grande che potrai darmi sarà quella di condividerlo sui social media e di lasciare un tuo commento.

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Ciao! Sono Fabio Piccigallo e quelle che stai sfogliando sono le pagine del mio blog personale, OnMarketing. Oggi mi occupo di web marketing a tutto tondo, con l'esperienza di chi ha lavorato per 10 anni nel direct marketing tradizionale e la voglia di innovare che caratterizza il mercato digitale. Sono un amante dei numeri: per questo ho fondato una web agency all'avanguardia, specializzata nel marketing digitale e nell'ottimizzazione dei flussi di conversione mediante le tecniche più moderne della web analytics. Si chiama OnMarketing.me: se hai bisogno del mio aiuto professionale, contattami pure!

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